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La Mononucleosi: cos’è, come si manifesta e come si cura

Lo sapete che la mononucleosi è una malattia infettiva di origine virale molto diffusa e contagiosa?
Può colpire ad ogni età ma è più frequente durante la prima infanzia e in età adolescenziale.
Si manifesta con malessere generale simile all’influenza, come sensazione di stanchezza e ingrossamento delle linfoghiandole.
In alcuni casi può portare anche a febbre alta e persistente, mal di gola, mal di testa e perdita dell’appetito.
Per questo è importante che un bambino con questi sintomi venga subito visitato dal pediatra che può diagnosticarla.
È conosciuta anche come “malattia del bacio” – come spiegano gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma dai quali ho attinto le informazioni che vi riporto – perché si trasmette attraverso lo scambio di saliva o le goccioline che si disperdono dopo colpi di tosse o starnuti ma anche utilizzando oggetti contaminati come giocattoli, posate, bicchieri e piatti.
La Mononucleosi è causata di regola dal virus Epstein-Barr (EBV) che appartiene alla famiglia degli herpes virus. Gli stessi che provocano varicella, herpes labiale o genitale e fuoco di Sant’Antonio. In qualche caso però può essere causata da altri virus come il Citomegalovirus.
Il contagio può essere diretto e avvenire tramite saliva (via oro-faringea), oppure in maniera indiretta attraverso la condivisione di oggetti contaminati. I bambini più piccoli, ad esempio, possono infettarsi portando alla bocca giochi contaminati.
Se il sistema immunitario è indebolito, come in periodi di forte stress o dopo una malattia debilitante, la mononucleosi si contrae più facilmente.
Il periodo di incubazione va da 30 a 50 giorni negli adulti e negli adolescenti, mentre nei bambini è di circa 10-15 giorni.
La mononucleosi può presentarsi con sintomi lievi e fugaci che variano da paziente a paziente e nei bambini viene spesso superata senza dare sintomi o quasi.
Quando si manifesta in forma evidente, i sintomi principali sono:

  • Febbre alta e persistente;
  • Linfoadenomegalia (linfonodi ingrossati e dolenti sul collo, sotto le ascelle e nel basso ventre);
  • Mal di gola (che può rendere difficile la normale deglutizione) dovuto a infiammazione e ingrossamento delle tonsille che presentano anche placche bianco-giallastre;
  • Splenomegalia (aumento delle dimensioni della milza);
  • Esantema o rash cutaneo (eruzione diffusa) simile a quella del morbillo;
  • Mal di testa o dolori articolari;
  • Perdita dell’appetito.

I sintomi di solito durano da 2 a 4 settimane, dopo le quali la maggior parte dei pazienti riesce a riprendere le normali attività quotidiane.
Tuttavia, la stanchezza può persistere per settimane e, talvolta, per mesi.
La diagnosi di mononucleosi viene fatta dal medico con l’osservazione dei segni e dei sintomi caratteristici. La mononucleosi, infatti, non va confusa con altre malattie infettive con sintomatologia simili come rosolia ed epatite virale.
Per confermare la diagnosi clinica il medico può prescrivere esami ematologici e immunologici specifici che permettono di individuare la presenza degli anticorpi anti-EBV:
→ Esame emocromocitometrico: utile ad evidenziare l’incremento dei globuli bianchi e, in particolare, dei linfociti;
→ Analisi dello striscio ematico: utile per dimostrare la presenza di caratteristiche cellule mononucleate tipiche dell’infezione;
→ Ricerca degli anticorpi diretti contro l’EBV (anti-EBV EA, anti-EBV VCA, EBNA).

Generalmente si risolve spontaneamente entro 2-8 settimane e senza complicanze.
Non esistono terapie specifiche e Il trattamento è sintomatico in quanto mirato a ridurre la gravità dei sintomi.
È sempre opportuno far seguire il bambino dal medico durante il decorso della malattia.
È consigliabile il riposo, bere molti liquidi e al bisogno l’assunzione di farmaci antipiretici e antinfiammatori per trattare febbre o mal di testa. Occasionalmente può rendersi necessario il ricorso ai corticosteroidi.
La mononucleosi è un’infezione molto diffusa: quasi il 90% della popolazione è entrata in contatto con il virus Epstein-Barr (EBV) almeno una volta nella vita.
Attualmente non esiste un vaccino. Va evitato il contatto con le secrezioni (saliva) dei soggetti infetti sia durante il periodo della malattia conclamata sia nei giorni successivi alle manifestazioni cliniche e sintomatiche.
Il bambino non deve essere isolato in quanto la maggior parte degli adulti ne sono immuni e può riprendere la propria attività quotidiana appena si sente pronto per farlo adottando le basilari norme igieniche (evitare la condivisione di cibo, liquidi e posate) per ridurre il rischio di contaminazione.

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