Ma come bisogna affrontarli a seconda dell’età del bambino e quali sono gli errori da evitare per non alimentare ulteriormente lo scontro?
L’abbiamo chiesto a Rosaria Uglietti, psicologa (e mamma di una bimba), clown terapeuta, esperta in psicologia giuridica e con uno specifico orientamento alla fenomenologia.
Ecco cosa ci ha risposto.
Il dizionario Treccani definisce il capriccio come una “voglia improvvisa e bizzarra, spesso ostinata anche se di breve durata”.
Non sembra, detto così, del tutto negativo… invece nella accezione comune è considerato un comportamento sbagliato e da rimproverare.
Che vuol dire, quindi, dal punto di vista della psicologia, che un bambino “fa i capricci”? E quando si può definire “capriccioso”?
La definizione della Treccani non è molto appropriata al concetto di capriccio e l’accezione negativa di questo comportamento è avallata da retaggi culturali dovuti alla mancanza di conoscenza. I capricci sono l’espressione di un disagio dei bambini, basti pensare al bambino assonnato che inizia a piangere, in quel momento sta soltanto dicendo che vuole dormire.
Il problema è che troppe volte non conduciamo una vita adatta ai bambini, pretendiamo che questi si adattino alle nostre esigenze e ai nostri orari, quando dovrebbe essere assolutamente il contrario. Non esistono bambini capricciosi, ci sono situazioni reiterate nel tempo che accrescono la rabbia nei bambini e ne inducono un comportamento definibile come capriccioso.
Da 0 a 14 anni è un arco temporale enorme quando si parla di bambini. Come cambiano i loro capricci in funzione dell’età?
Possiamo individuare delle fasce di età con caratteristiche simili in materia di capricci? Quante potrebbero essere? E quali sono le specificità di ognuna?
Quali sono, invece, gli errori o le reazioni sbagliate che un genitore non dovrebbe avere?
I capricci dei bambini dai 0 ai 14 anni cambiano in funzione delle loro esigenze differenti.
Il comune denominatore per la soluzione di questi eventi è l’ascolto.
Ma vediamo in dettaglio fascia per fascia:
- Da 0 a 2 anni i bambini utilizzano il pianto per avere attenzione da parte del genitore che, però, in genere, un po’ per la fretta, un po’ per la mancanza di strumenti, tende a minimizzare e soprattutto ad alzare la voce per essere ascoltato. Un comportamento che può dare delle soluzioni sul momento e in realtà non sempre. Nel corso del tempo, infatti, le urla e le proibizioni che i genitori tendono ad utilizzare per farsi ascoltare non fanno altro che accrescere la rabbia nei bambini, che diventeranno sempre più irascibili.
- A partire dai 2 anni fino ai 4 c’è una caratteristica che fa impazzire i genitori ed è il rispondere “no” da parte dei bambini alle loro richieste. Alcuni genitori addirittura ipotizzano che i loro figli usino quei comportamenti per farli arrabbiare. In realtà questo modus operandi non è assolutamente nelle corde dei bambini. I bambini che dicono no stanno semplicemente sviluppando la propria personalità. Il problema nasce il più delle volte dal fatto che i genitori si rendono conto che i loro piccoli non sono più a loro immagine e somiglianza. Iniziano a strutturare la propria personalità e questa spesso si discosta da quella del genitore. Il periodo che va dai 2 ai 5 anni è fondamentale per insegnare al bambino a rispondere alle avversità e soprattutto ad instaurare con il genitore le basi per un rapporto proficuo che li porterà ad essere complici con le dovute distanze fino all’adolescenza. In genere i bambini fino ai 2 anni, come dicevo prima, tendono a piangere ed urlare per farsi ascoltare. I genitori, presi dall’ansia iniziano ad urlare anche loro e si crea un circolo vizioso. Questa fase è molto delicata e ci vuole una grandissima pazienza affinché il genitore riesca a risolvere il conflitto del bambino senza alzare la voce. E’ il genitore che deve insegnare al bimbo a non urlare. Purtroppo mi rendo conto che non è facile, i genitori spesso lavorano, vanno di corsa ma dovrebbero capire che è il momento di rallentare e di ascoltare il proprio piccolo. Con autorevolezza accompagnata da ascolto i genitori possono dimostrare al bambino che comprendono il suo stato, che accolgono le sue emozioni e che possono trovare insieme una soluzione. Bisogna parlare ma soprattutto ascoltare molto i nostri piccoli. Solo in questo modo gli episodi definibili come capricciosi diventeranno un ricordo.
- La fase che va dai 5 ai 10 anni e che corrisponde all’ingresso alle elementari è un altro step molto importante. Il bambino termina la sua fase egocentrica e quindi può imparare a relazionarsi con gli altri senza sentirsi il centro del mondo. Ancora una volta i genitori hanno un ruolo fondamentale in questa fase. E’ importante, innanzitutto, che i genitori si siano lasciati alle spalle la loro infanzia e magari qualche brutto ricordo, soprattutto legato a degli eventi spiacevoli che possono essere accaduti loro in quell’età. E’, inoltre, molto importante che i genitori insegnino al piccolo ad imparare ad ascoltare gli altri e a comprendere le loro emozioni. Un bambino empatico riuscirà a relazionarsi meglio con gli altri e riuscirà a risolvere al meglio gli eventuali conflitti.
- Dagli 11 ai 14 anni ci troviamo ancora incontro ad un altro step, l’adolescenza. Tutto quello che è avvenuto sino ad allora avrà contribuito a cementare le fondamenta che portano il bambino, ormai adolescente, ad affrontare la vita. Ricordiamoci che questa fase è forse la più delicata di tutte, anche se in un certo senso possiamo ricondurla a quella dei due anni. E’ un’età di transizione e di formazione. Il nostro piccolo non è più un bambino ma non è neanche un adulto. A volte un comportamento che possa essere definito capriccioso, o peggio aggressivo è dovuto al fatto che il nostro bambino ha delle emozioni per certi versi ancora infantili, rinchiuse in un corpo quasi adulto. L’immagine corporea in questa fase ha una notevole importanza, le dimensioni degli organi genitali per i maschietti e del seno per le femminucce può essere argomento di scontro con i genitori. Bisogna ricordare che il più delle volte quello che i nostri piccoli vedono allo specchio non è quello che vediamo noi e spesso non corrisponde al vero. Ancora una volta l’ascolto da parte del genitore gioca un ruolo importantissimo. L’ascolto è la parte fondante per tutte le fasi di crescita dei nostri figli. La calma, l’empatia, sono gli elementi che permetteranno ai nostri piccoli una crescita serena. Le urla, le proibizioni e soprattutto i ricatti sono gli elementi che indurranno invece delle rotture che potrebbero reiterarsi lungo la crescita dei nostri piccoli.
Come cambia (o dovrebbe cambiare) la “gestione” dei capricci a seconda che avvengano con la mamma, il papà, il nonno/la nonna, la maestra, ecc…?
Riguardo le modalità comportamentali dei vari membri della famiglia, bisogna dire che tutti possono usare lo stesso strumento che è l’ascolto. I genitori e gli insegnanti hanno il compito più arduo e sarebbe proficuo se avessero un buon rapporto fra loro.
Il più delle volte, invece, soprattutto le mamme, tendono ad entrare in conflitto con gli insegnanti.
Questo avviene perché sentono minato il loro ruolo. In realtà non ci sarebbe cosa migliore se non quella di confrontarsi e scambiarsi gli strumenti per affrontare la crescita dei nostri ragazzi.
I nonni e gli zii, spesso, tendono a coprire o viziare i nostri figli, tendono a fargliela passare liscia, questo non va bene. Ancora una volta ci dovrebbe essere un buon dialogo fra genitori e parenti affinché si possano adottare gli stessi strumenti e le stesse modalità educative, per non confondere i nostri figli e permettere loro una crescita serena.