sindrome del bambino scosso
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Sindrome del bambino scosso: ecco un decalogo per i genitori

Si chiama Shaken Baby Syndrome (SBS), in italiano Sindrome del bambino scosso ed è anche conosciuta come Trauma cranico abusivo (AHT).
E’ la conseguenza di una grave forma di maltrattamento fisico ai danni di bambini generalmente al di sotto dei 2 anni di vita.
In pratica, il bambino viene scosso violentemente per reazione al suo pianto inconsolabile, con conseguente trauma sull’encefalo e successive sequele neurologiche.
Per promuovere una maggiore conoscenza del fenomeno, poco noto ai genitori e spesso sottovalutato anche dai pediatri, la Fondazione Terre des Hommes (uno dei più grandi movimenti al mondo per la difesa dei diritti dei bambini) ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e condiviso un decalogo di informazioni e consigli utili, redatto con il supporto di psicologi e medici esperti in materia.
Vediamolo insieme:

1) Cos’è la Shaken Baby Syndrome?
La Sindrome del bambino scosso è la conseguenza di una grave forma di maltrattamento fisico prevalentemente intra-familiare ai danni di bambini generalmente al di sotto dei 2 anni di vita. Il bambino viene scosso violentemente per reazione al suo pianto inconsolabile, con conseguente trauma sull’encefalo e successive sequele neurologiche. Nei primi mesi di vita, infatti, i muscoli cervicali del collo dei neonati sono ancora deboli e non riescono a sostenere la testa. Se un bambino viene scosso con forza, dunque, il cervello si muove liberamente all’interno del cranio, provocando ecchimosi, gonfiore e sanguinamento dei tessuti, quindi lesioni gravissime.

2) A che età si manifesta il picco di incidenza di questo fenomeno?
Il picco di incidenza della SBS si ha tra le 2 settimane e i 6 mesi di vita, periodo di massima intensità del pianto del neonato ed età in cui il bambino non ha ancora il controllo del capo e la struttura ossea è purtroppo molto fragile.

3) Quali sono i fattori scatenanti questa “sindrome”?
Scuotere il bambino, in genere, è la risposta ad un pianto “inconsolabile”, del quale gli adulti spesso non riescono a cogliere il significato. Sentendosi quindi impotenti, possono attivare – anche inconsapevolmente – dei comportamenti inappropriati (come lo scuotimento) nel tentativo di calmare il neonato. Spesso, lo scuotimento avviene proprio per mano degli stessi genitori o delle figure educative con cui si condivide l’accudimento dei bambini: nonni, babysitter, educatrici del nido, ecc…
Secondo i dati resi noti dalla Società Italiana di Neonatologia, i principali fattori “di rischio” che potrebbero aumentare la probabilità di Sindrome del bambino scosso sono: famiglia mono-genitoriale, età materna inferiore ai 18 anni, basso livello di istruzione, uso di alcool o sostanze stupefacenti, disoccupazione, episodi di violenza in ambito familiare e disagio sociale. Tuttavia, nei casi più frequenti, è solo l’esasperazione di genitori inconsapevoli e poco informati a spingere nella direzione di una “manovra consolatoria” errata, qual è appunto lo scuotimento violento.

4) Quando e perché scuotere un bambino diventa pericoloso?
Lo scuotimento violento, anche se solo per pochi secondi, è potenzialmente causa di lesioni molto gravi, soprattutto per i bambini al di sotto dell’anno di età. È difficile stabilire con esattezza quanto violento o protratto dovrebbe essere lo scuotimento per causare un danno. Tuttavia dalle “confessioni” dei responsabili si evince che in genere il bambino vittima di SBS viene scosso energicamente circa 3-4 volte al secondo per 4-20 secondi.
Giochi abituali o comportanti maldestri dei genitori non provocano invece lesioni da scuotimento, così come non le generano il far saltellare il bambino sulle ginocchia (gioco del cavalluccio), fare jogging o andare in bici con il bambino, fare frenate brusche in auto o cadute dal divano o da un altro mobile.

5) è difficile diagnosticare la SBS? E quali sono i principali sintomi/segnali che dovrebbero accendere un “campanello d’allarme”?
Vomito, inappetenza, difficoltà di suzione o deglutizione, estrema irritabilità, letargia, assenza di sorrisi o di vocalizzi, rigidità o cattiva postura, difficoltà respiratorie, aumento della circonferenza cranica disarmonico rispetto a peso e altezza, difficile controllo del capo, frequenti e lamentosi pianti inconsolabili e, nei casi più gravi, convulsioni e alterazioni della coscienza, fino all’arresto cardiorespiratorio. È importante non sottovalutare nessuno di questi segnali da parte del bambino, che rappresentano un campanello d’allarme importante per una corretta diagnosi, la quale rimane comunque molto complessa da effettuare.

6) Quali danni può provocare lo scuotimento violento?
Le conseguenze della sindrome del bambino scosso possono essere di diversa intensità e gravità. I danni di tipo neuro-psicologico provocati dallo scuotimento possono manifestarsi, nei primi mesi di vita del bambino, sia da un punto vista motorio che del linguaggio. Le conseguenze più gravi riguardano: disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, della memoria e del linguaggio, disabilità fisiche, danni alla vista o cecità, disabilità uditive, paralisi cerebrale, epilessia, ritardo psicomotorio e ritardo mentale. In genere, le conseguenze dipendono molto dalla gravità dell’abuso. Si stima che solo nel 15% dei casi non ci sono ripercussioni sulla salute del bimbo.

7) Possono esserci conseguenze anche psicologiche?
Scuotere un bambino può provocare gravi ed importanti esiti anche a livello psicologico, dando vita a problematiche relative allo sviluppo psico-motorio, come ad esempio i già citati disturbi del linguaggio, dell’apprendimento e della memoria ma anche disturbi comportamentali.

8) La Sindrome del bambino scosso può essere causa di morte?
La SBS può portare anche al coma o alla morte del bambino sino in 1/4 dei casi diagnosticati.

9) Quali comportamenti i genitori dovrebbero assolutamente evitare di fronte al pianto del neonato?
Il pianto del bambino, nei primi mesi di vita, sembra davvero inconsolabile. Di fatto, piangere, è l’unico strumento che il neonato ha per comunicare: può avere fame, sonno, caldo, freddo, il bisogno di essere cambiato o semplicemente di coccole o del contatto fisico per essere rassicurato. Qualunque sia il motivo, non bisogna mai scuoterlo per calmarlo. Perché anche se può sembrare un gesto banale, i danni sul bambino potrebbero essere gravissimi.
Sono, invece, tante altre le soluzioni che si possono mettere in atto per cercare di calmare il pianto di un neonato: cullarlo nella carrozzina, fargli fare un giro in macchina, un bagnetto rilassante, oppure fasciarlo con un lenzuolo piegandogli gli arti in modo che ritorni nella posizione fetale, o ancora fargli sentire un fruscio o un rumore continuo (come un phon, una lavatrice o un aspirapolvere). Ma se il pianto non si ferma e diventa davvero esasperante, la cosa migliore da fare, se non lo si riesce più a gestire e a sopportare, è lasciare il bambino in un posto sicuro e allontanarsi fino a quando non si è riacquistato un certo equilibrio. O in alternativa, chiedere aiuto ad altri membri della famiglia /amici e, nei casi più importanti, lasciare che un medico visiti il bambino, se ci sono dei dubbi sul suo stato di salute.

10) Come è possibile prevenire la Sindrome del bambino scosso?
La prevenzione di ogni forma di abuso o maltrattamento minorile in generale e della SBS in particolare può essere effettuata attraverso il ricorso a diversi strumenti, tra i quali: corsi di formazione per i genitori sul pianto dei neonati, per imparare a riconoscerlo e a gestirlo; una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questi argomenti; un piano di sostegno/intervento di sollievo per le famiglie sopraffatte e per i genitori che si sentono in difficoltà nel prendersi cura del loro neonato.

La campagna “Non Scuoterlo!” ha il patrocinio della Società Italiana di Neonatologia (SIN), l’Autorità Garante per l’Infanzia e Adolescenza e Pubblicità Progresso ed è condotta in collaborazione con Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino – Ambulatorio Bambi; Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – SVSeD – Soccorso Violenza Sessuale e Domestica di Milano; Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano; Azienda Ospedaliera di Padova – Centro Regionale per la Diagnostica del Bambino Maltrattato Unità di Crisi per Bambini e Famiglie; Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer – GAIA – Gruppo Abusi Infanzia e Adolescenza, Firenze; Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico – Giovanni XXIII di Bari – Servizio di Psicologia – GIADA – Gruppo Interdisciplinare Assistenza Donne e bambini Abusati.